Con ordinanza del 20 maggio 2022 il GIP del Tribunale di Milano ha ribadito la assoggettabilità a responsabilità penale ai sensi del D.lgs 231/2001, per fatto di reato commesso da proprio dipendente, della società anche se la stessa ha sede all’estero ed in territorio italiano abbia la sola sede secondaria.
Ribadita la responsabilità penale ex D.lgs 231/2001 della società con sede all’estero e sede secondaria in Italia
Trattasi di principio ormai consolidato in giurisprudenza: la circostanza che una società abbia sede all’estero non esclude che la stessa possa essere incriminata ex D.lgs 231/2001 per un reato (ovviamente rientrante nel novero dei reati presupposto ai sensi dello stesso D.lgs 231/2001) commesso in territorio italiano da proprio soggetto apicale o dipendente.
La conseguenza è che, onde non incorrere nelle gravi sanzioni del D.lgs 231/2001, anche la società con sede legale all’estero che operi nel territorio nazionale italiano dovrà dotarsi, di un MOG 231 ovvero di un modello di organizzazione che valuti e prevenga il verificarsi dei reati presupposto per l’applicazione del D.lgs 231/2001.
Il diritto alla traduzione dell’atto di contestazione in lingua estera.
L’assoggettabilità della società estera a procedimento penale che può comportare l’applicazione delle gravi sanzioni previste dal D.lgs 231/2001, impone, per altro verso, anche il rigoroso rispetto delle garanzie che sono poste a presidio del diritto di difesa nel processo penale.
Pertanto, osserva il GIP di Milano nell’ordinanza del 20 maggio 2002, devono essere riconosciute alla società estera
«le garanzie fondamentali spettanti all’imputato nel procedimento penale, salva la clausola di compatibilità, così da ricondurre anche il procedimento a carico dell’ente nell’alveo del principio costituzionale del giusto processo. Rappresenta primaria garanzia riconosciuta all’imputato nell’ambito del procedimento penale, in ossequio al dettato costituzionale e alla normativa sovranazionale, la messa a conoscenza, in favore del medesimo, qualora cittadino straniero, degli atti principali del procedimento nella lingua da costui conosciuta»
Nel dettaglio, osserva il giudice milanese
«pare inevitabile doversi fare riferimento alla lingua conosciuta dal legale rappresentante o comunque dal preposto alla rappresentanza italiana (a prescindere dalla sua identificazione formale in termini di filiale o sede secondaria)»
L’atto di contestazione dell’illecito amministrativo ex D.lgs 231/2001 dovrà pertanto essere tradotto o nella lingua del paese in cui ha sede la società estera ovvero in lingua nota al suo legale rappresentante ovvero al preposto della rappresentanza italiana.
Nemmeno, argomenta il GIP di Milano, la circostanza che la società estera avesse partecipato ad una gara di appalto in Italia può essere ritenuta circostanza derimente al fine di dimostrare che l’ente o meglio il suo rappresentante sia in grado di comprendere la lingua italiana e dunque di avere piena contezza della contestazione dell’illecito amministrativo.
L’importante principio di diritto affermato dal Giudice della Udienza preliminare di Milano è dunque che
«deve riconoscersi alla società di diritto estero, chiamata a rispondere dell’illecito amministrativo da reato di cui si sarebbe resa responsabile a mezzo della rappresentanza italiana, il diritto alla ricezione degli atti fondamentali del procedimento (segnatamente della contestazione ex art. 59 D. Lgs. 231/2001), in forma tale da consentire alla persona giuridica l’utile esercizio delle facoltà e dei diritti alla medesima spettanti».
La assoggettabilità a gravi sanzioni deve essere accompagnata dalle massime garanzie per l’esercizio del diritto di difesa
La ordinanza del 20 maggio 2020 merita sicuramente adeguata segnalazione ed anche plauso. Se, come si è visto, è ormai pacifica la assoggettabilità della società con sede all’estero alle gravissime sanzioni previste per gli enti dal D.lgs 231/2001, appare doveroso che allo stesso ente siano garantite tutte le garanzie ed il pieno esercizio del diritto di difesa che la normativa italiana, ma anche quella sovranazionale, garantiscono al soggetto sottoposto a procedimento penale in territorio italiano.
Massime sono dunque le garanzie che devono essere riconosciute all’ente straniero, infatti, osserva il GIP
«Ai sensi degli artt. 34 e 35 D.lgs 231/2001 devono riconoscersi alla persona giuridica, che si vede contestato l’illecito amministrativo da reato, le garanzie fondamentali spettanti all’imputato nel processo penale, salva la clausola di compatibilità, così da ricondurre anche il procedimento a carico dell’ente nell’alveo del principio costituzionale del giusto processo»
La imprescindibile necessità di una difesa tecnica operata da professionisti
L’assioma di gravi responsabilità, nel caso in cui venga riconosciuta la responsabilità dell’ente, ma sempre in presenza delle massime garanzie rimarca l’esigenza per la società estera che operi nel territorio italiano che la stessa affidi la propria tutela e difesa a professionisti che siano in grado di padroneggiare la spesso complessa normativa del D.lgs 213/2001 e della disciplina che regola il processo penale onde far valere il massimo rispetto delle garanzie.
Le gravi responsabilità sotto il profilo delle sanzioni pecuniarie e di quelle interdittive o limitative dello svolgimento dell’attività, che possono conseguire alle contestazioni ex Dlgs 231/2001, impongono l’imprescindibile necessità che la società estera, che operi in territorio italiano, si avvalga della consulenza di professionisti esperti che valutino preventivamente la necessità della adozione di un MOG 231 o di un similare modello di organizzazione che limiti la responsabilità dell’ente e altrettanto, in ipotesi di contestazione dell’illecito, siano in grado di invocare il più alto rispetto delle garanzie e del diritto di difesa che il processo penale riconosce.