Con la Risposta n. 203/2025, l’Agenzia delle Entrate ha fornito importanti chiarimenti circa la tassazione di dividendi corrisposti da società italiane a favore di investitori fiscalmente residenti in Giappone per il tramite di entità trasparenti.
Il quesito, in particolare, riguarda l’applicazione della Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Giappone e l’applicazione diretta dell’aliquota convenzionale da parte del sostituto d’imposta italiano. A tal proposito, l’Istante ha sottoposto all’attenzione quattro quesiti.
Quanto al primo, l’Istante (una società italiana che agisce quale trust bank di società giapponesi – società Beta – che gestiscono e forniscono prestazioni pensionistiche curandone gli investimenti) chiede all’Amministrazione Finanziaria di chiarire se, nei confronti degli investitori fiscalmente residenti in Giappone, trovi applicazione diretta la Convenzione Italia-Giappone e, in particolare, l’aliquota convenzionale del 15% in luogo di quella ordinaria del 26% prevista dalla normativa fiscale italiana.
In linea con il Partnership Report del 1999, l’applicabilità del Trattato è subordinata al soddisfacimento di due requisiti. I soci investitori devono essere:
- Treaty entitled/soggetti passivi d’imposta: al fine di applicare la Convenzione l’investitore deve essere considerato “soggetto residente” e, quindi, assoggettabile a imposizione. È la c.d. “liability to tax”, ovvero l’assoggettabilità (anche solo potenziale) ad imposizione del reddito del soggetto che invoca la Convenzione;
- Beneficial owners: una volta riconosciuta la qualifica di soggetto d’imposta e, di conseguenza, la potenziale applicazione della Convenzione, è necessario soddisfare i requisiti per essere considerati beneficiari effettivi.
Nella fattispecie, seppur i trust Gamma non siano autonomi soggetti d’imposta in quanto entità trasparenti secondo l’ordinamento giapponese e, quindi, non siano destinatari diretti dei benefici della Convenzione, essi costituiscono soltanto uno strumento di investimento attraverso cui transitano i redditi di fonte italiana che sono imponibili in capo ai beneficiari effettivi dei proventi, nel caso di specie le società Beta e le persone fisiche beneficiarie dei fondi pensione.
Pertanto, i presupposti di cui sopra devono sussistere non in capo ai trust Gamma giapponesi, bensì in capo alle società Beta e alle persone fisiche beneficiarie dei fondi pensione.
Nello specifico:
- Società Beta: seppur i redditi pensionistici siano esenti da imposizione, sono considerati soggetti passivi d’imposta in quanto risultano “liable to tax”, ovvero anche solo potenzialmente imponibili.
- Persone fisiche: sono soggetti passivi d’imposta in quanto soggetti all’imposta sui redditi delle persone fisiche e sono beneficial owners del regime della Convenzione.
L’amministrazione finanziaria chiarisce così un principio importante: i benefici della Convenzione sono riconosciuti ai beneficiari di un trust, a prescindere dalla presenza di entità trasparenti (enti Gamma), le quali non fanno venir meno i presupposti per l’applicabilità della Convenzione.
Il regime fiscale a cui sono sottoposti i dividendi è previsto dall’art. 10 del Trattato tra Italia e Giappone, il quale riconosce la possibilità al Giappone di tassare i dividendi pagati da una società italiana ad un soggetto residente nel territorio del proprio Stato.
Può tuttavia darsi che lo Stato della fonte (Italia) applichi una ritenuta alla fonte sui dividendi distribuiti che, però, non può superare il 15% dell’ammontare lordo di tali dividendi. In tale ipotesi, il Giappone potrà comunque tassare i dividendi secondo le proprie regole impositive generando in capo all’investitore un credito d’imposta, così risolvendo la doppia imposizione.
Il secondo quesito, poi, riguarda l’idoneità dei certificati cumulativi emessi dall’autorità fiscale giapponese a soddisfare i requisiti formali per l’applicazione della Convenzione.
Un certificato di riconoscimento della residenza fiscale emesso in forma cumulativa da parte dell’autorità di uno dei due Stati contraenti (nel caso di specie Giappone) è idoneo ad accertare la qualifica di beneficiario ai fini dell’applicazione della Convenzione purché nel documento vi siano:
- dati identificativi (es. forma giuridica, indirizzo di residenza, ragione sociale…) riportati con chiarezza e precisione,
- Tax Identification Number o altro numero identificativo,
- anno di riferimento della residenza fiscale.
Tali dati anagrafici devono coincidere in capo allo stesso soggetto. Non vi può, in sostanza, essere una dissociazione tra investitore formale (risultate dai certificati di residenza) e percettore dei dividendi. In questo caso, infatti, verrebbero meno i presupposti per l’applicazione del trattamento convenzionale.
Un altro punto importante rileva a livello probatorio. In caso di avanzata richiesta di rimborso dell’imposta italiana, per costituire piena prova dinanzi all’Amministrazione Finanziaria è richiesto che le contabili bancarie siano esaustive, cioè indichino:
- i Soggetti coinvolti nel trasferimento patrimoniale
- Stati di residenza dei soggetti
- data dell’operazione
- ritenute applicate
- causale
- ammontare netto del trasferimento
Proseguendo con il terzo quesito, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito i requisiti formali e procedurali legati alla procedura di rimborso del credito d’imposta maturato a seguito del pagamento di un’imposta eccedente rispetto a quella convenzionale.
Le istruzioni per la presentazione dell’istanza di rimborso sono contenute all’interno del Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate n. 84404/2013. Il modulo da presentare è il “Modello A-Dividendi“.
È importante sottolineare che l’istanza di rimborso non può essere presentata cumulativamente a nome di tutti gli investitori, ma ciascuno di loro è chiamato a presentarla individualmente. È pertanto inammissibile la presentazione di un’unica istanza di rimborso a favore di più beneficiari.
Da ultimo, il quarto quesito affronta la questione della diretta applicabilità dell’aliquota convenzionale da parte del sostituto d’imposta (nel caso di specie, il local custodian italiano). L’Agenzia delle Entrate ricorda che – come già affermato nella prassi Ris. 183/E del 2003 e Ris. 95/EVII1460866 del 1999 – l’applicazione dell’aliquota convenzionale del 15%, in luogo dell’aliquota italiana del 26% è solo una facoltà (e non un obbligo) da parte del sostituto d’imposta.