La vicenda sottoposta al vaglio dell’Agenzia delle Entrate concerne un cittadino italiano che ha trasferito la propria residenza fiscale in Thailandia nel gennaio 2025, iscrivendosi all’AIRE ed ottenendo un visto di residenza decennale. Lo stesso soggetto è titolare di un deposito titoli presso un intermediario italiano per il quale aveva optato per il regime del risparmio amministrato ai sensi dell’articolo 6 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461, con l’intenzione, inoltre, di mantenerlo invariato anche dopo il trasferimento della residenza.
Con la Risposta in esame l’Agenzia delle Entrate ha affermato, relativamente ai due diversi punti oggetto della richiesta di chiarimento, che:
- a seguito del trasferimento della residenza fiscale all’estero il passaggio dal regime c.d. di risparmio amministrato a quello c.d. dichiarativo (di cui all’art. 5 d.lgs. n. 461/1997) è solo facoltativo, e che
- tale eventuale passaggio ad altro regime non comporta la tassazione delle plusvalenze latenti sui titoli già detenuti al momento del cambio di regime o di status fiscale.
Nel caso specifico, con il trasferimento della residenza fiscale, infatti, si determina – ipso facto – in capo allo Stato dal quale la residenza viene trasferita (l’Italia), la perdita del potere impositivo su tali plusvalenze eventualmente realizzate, a condizione che:
- si tratti di partecipazioni non qualificate quotate;
- in caso di partecipazioni non qualificate non quotate, lo Stato rientri nella c.d. white list;
- la Convenzione bilaterale contro le doppie imposizioni stipulata con l’altro Stato preveda il potere impositivo in capo ad uno solo dei due Contraenti in via esclusiva.
Nell’ambito delle diverse convenzioni internazionali stipulate dall’Italia, si rinvengono diversi tipi di clausole, ivi comprese clausole che riconoscono l’imposizione sulle plusvalenze anche in capo allo Stato dal quale il soggetto abbia trasferito la propria residenza.
Tale potere impositivo si fonda sul fatto che il soggetto, prima del trasferimento della residenza in un altro Stato, era stato residente nello stesso Stato della società ceduta per un determinato periodo di tempo – e ciò in forza di un persistente legame con il suddetto territorio.
Nel caso specifico della Thailandia, tuttavia, nella convenzione non vi è alcun richiamo specifico alle plusvalenze derivanti dalla cessione di titoli posseduti nell’altro Stato contraente, risultando così applicabile il solo art. 13(3) della Convenzione bilaterale stipulata con l’Italia, ove si prevede che “[g]li utili derivanti dall’alienazione di beni diversi da quelli indicati nei paragrafi 1 e 2 sono tassabili soltanto nello Stato contraente di cui l’alienante e’ residente” (nel caso di specie, la Thailandia).
A tal riguardo, ogni trattato dispone in piena autonomia quali diritti e doveri porre in capo agli Stati contraenti (cfr. Art. 34 Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati (1969), onde la mancanza di disposizioni della Convenzione Italia-Thailandia nella materia in oggetto riguarda esclusivamente i rapporti fra i due Stati predetti, senza riguardo o effetti per gli altri rapporti bilaterali di cui sia membro l’Italia.
In breve, nella Convenzione Italia-Thailandia non vi sono previsioni ad hoc, ma si tratta di un elemento da verificare caso per caso avuto riguardo allo specifico trattato in vigore (se esistente) fra l’Italia e lo stato Alfa in questione.