Con la Risposta in esame un ordine professionale ha avanzato richiesta di chiarimenti sulla corretta valorizzazione delle quote non negoziate in mercati regolamentati detenute da persone fisiche residenti in Italia in OICR esteri non immobiliari.
Tali fondi di investimento (c.d. fondi armonizzati, conformi alla Direttiva 2009/65/CE) sono gestiti da management companies che, sulla base degli investimenti effettuati, periodicamente si occupano di distribuire i proventi conseguiti sotto forma di
- dividendi o
- capital gains, al termine dell’operazione di investimento
generando in capo ai percettori dei redditi di capitale, con conseguenti obblighi dichiarativi e di versamento dell’imposta da assolvere.
A tal fine, come evidenziato dall’Istante, gli investitori provvedono al pagamento dell’imposta sostitutiva del 26% su tali redditi di capitale, all’indicazione del costo di acquisto delle relative quote nel quadro RW del Modello Redditi PF ovvero nel quadro W del Modello 730 ai fini del monitoraggio, nonché alla liquidazione dell’IVAFE (Imposta sul valore dei prodotti finanziari dei conti correnti e dei libretti di risparmio detenuti all’estero).
Il quesito sottoposto all’attenzione dell’Amministrazione finanziaria riguarda la corretta valorizzazione delle quote di tali Fondi esteri con particolare riferimento al rispetto della disciplina sul monitoraggio fiscale (d.l. n. 167/1990) e all’applicazione della disciplina IVAFE (d.l. n. 201/2011). La compilazione del quadro RW, infatti, è un obbligo fondamentale tanto al fine del monitoraggio fiscale delle attività di investimento estere detenute da persone fisiche residenti in Italia per attività di investimento estere che possono costituire potenziali fonti di reddito, quanto ai fini della liquidazione dell’IVAFE (laddove dovuta), il cui valore deve essere calcolato sulla base del valore finale esposto in dichiarazione ai fini del monitoraggio.
Come calcolare l’IVAFE dovuta?
Il metodo di calcolo dell’imposta è indicato nella Circolare n. 28/E/2012, ai sensi della quale l’IVAFE è dovuta nella misura del
- 1 per mille per le annate 2011 e 2012;
- 1,5 per mille per il 2013.
Tali aliquote sono state oggetto di modifiche, e ad oggi l’imposta è dovuta nella misura del
- 2,00 per mille per le attività detenute in qualsiasi paese estero (a partire dal 2014);
- 4,00 per mille per le attività finanziarie detenute in paesi considerati a fiscalità privilegiata (modificata dalla legge di bilancio 2024, articolo 1, comma 91, lettera b).
L’imposta è dovuta in proporzione ai giorni di detenzione e alla quota di possesso, rispetto alle attività finanziare cointestate.
Nella soluzione prospettata dall’Istante, in particolare, si fa rinvio alla Circolare n. 38/E/2013 che a sua volta rinvia alla Circolare n. 28/E/2012 in materia di base imponibile dell’IVAFE, precisando che per determinare il valore iniziale e finale delle quote occorre fare riferimento ai 4 criteri gerarchici ivi elencati, e in particolare al:
- valore di mercato
- valore nominale
- valore di rimborso
- costo d’acquisto, quest’ultimo da invocarsi quale criterio residuale in mancanza di valore nominale e valore di rimborso.
Riconoscendo l’impossibilità di applicazione dei primi tre criteri, in assenza dei rispettivi presupposti, l’Istante ha ipotizzato il ricorso al criterio del costo d’acquisto, ritenendo, inoltre, che questo costituisca “il valore più oggettivo per la valorizzazione dell’investimento”. Ha chiesto, quindi, un parere nel merito da parte dell’AdE.
Inoltre, l’Istante ha richiesto chiarimenti in merito allo Stato da indicare per ciascun fondo di investimento nell’apposita casella del Quadro RW (o Quadro W), interrogandosi se il riferimento debba essere lo Stato in cui è istituito il Fondo di investimento o, invece, quello in cui risiede la management company, ritenendo, a suo avviso, più corretto il primo.
La risposta dell’Agenzia delle Entrate conferma le soluzioni prospettate dal contribuente.
Sul primo punto, l’Amministrazione ritiene corretto fondare la valorizzazione delle quote del Fondo di investimento sulla base del loro costo d’acquisto, riconoscendo l’inesistenza per esse del valore nominale o del valore di rimborso. Si specifica, pertanto, che gli adempimenti dei contribuenti sulle attività di investimento estere devono avvenire secondo le procedure illustrate dalla Circ. 23 dicembre 2013, n. 38/E.
Infine, in merito alla seconda questione, viene confermato l’orientamento in base al quale il codice Stato estero è da riferirsi esclusivamente al codice dello Stato in cui è istituito il Fondo e non a quello, diverso, del Paese in cui è stabilita la management company che si occupa della gestione dello stesso.