Con l’ordinanza n. 26514 del 1 ottobre 2025, la Corte di Cassazione torna sul tema dell’aliquota addizionale del 10% prevista dall’art. 33 del D.L. 78/2010 per bonus e stock options corrisposti ai dirigenti del settore finanziario.
La Corte riafferma un principio già consolidato in giurisprudenza: la base imponibile dell’addizionale va calcolata sull’ammontare dei compensi variabili che supera la parte fissa della retribuzione, come stabilito dal comma 2-bis introdotto nel 2011.
Il caso
Un dirigente di un istituto bancario aveva richiesto il rimborso delle somme trattenute dal proprio datore di lavoro, quale sostituto d’imposta, a titolo di addizionale del 10% prevista dall’art. 33, commi 1 e 2-bis, D.L. 78/2010.
In particolare, il ricorrente lamentava l’insussistenza del presupposto oggettivo necessario all’applicazione dell’imposta.
La Commissione tributaria provinciale di Milano respingeva il ricorso, ma la CTR Lombardia, in riforma della decisione, accoglieva le doglianze del contribuente, ritenendo non sussistente il requisito oggettivo richiesto dalla norma.
L’Agenzia delle Entrate proponeva quindi ricorso per Cassazione, deducendo un unico motivo: la violazione e falsa applicazione dell’art. 33, in particolare per errata interpretazione del rapporto tra comma 1 e comma 2-bis.
Orientamento giurisprudenziale
La controversia ruota attorno alla corretta ricostruzione dell’art. 33 dopo la modifica introdotta dall’art. 23, comma 50-bis, del D.L. 98/2011. L’Agenzia delle Entrate ripercorre la struttura della norma prima e post-riforma.
Prima della modifica
Il comma 1 conteneva sia:
- il presupposto impositivo:
- soggettivo, ovvero i dirigenti e collaboratori del settore finanziario;
- oggettivo, consistente nella percezione di bonus e stock options;
- la base imponibile: compensi variabili eccedenti il triplo della parte fissa della retribuzione.
Dopo l’introduzione del comma 2-bis
La norma assume una struttura bipartita:
- comma 1 → disciplina il presupposto impositivo soggettivo e oggettivo, rimasto invariato a seguito della riforma;
- comma 2-bis → contiene il calcolo della base imponibile, fissata negli importi che eccedono la parte fissa, e non più il triplo di essa.
L’Agenzia sostiene che il comma 2-bis, seppur mantenendo invariato il presupposto impositivo disciplinato al comma 1, ha ampliato la base imponibile.
La Corte ritiene il ricorso dell’Agenzia fondato e ribadisce un principio già affermato da un consolidato orientamento giurisprudenziale (Cass. nn. 15861/2023, 18752/2023, 28860/2024, 3159/2025, tra le altre):
L’addizionale del 10% si applica sull’ammontare dei bonus e delle stock options che eccede la parte fissa della retribuzione, senza necessità che l’eccedenza superi il triplo della stessa.
La Cassazione precisa inoltre che, per effetto dell’introduzione del comma 2-bis, si è verificata una abrogazione tacita parziale del comma 1, per tutti i compensi corrisposti dal 17 luglio 2011, nella parte in cui disciplinava la base imponibile.
La sentenza impugnata viene quindi cassata e la Suprema Corte decide nel merito, rigettando il ricorso originario del contribuente.
Conclusioni
In conclusione, la pronuncia conferma la giurisprudenza ormai consolidata sul tema, secondo cui:
- Il requisito soggettivo di cui all’art. 33 comma 1 non cambia: i soggetti interessati rimangono i dirigenti e assimilati del settore finanziario;
- la base imponibile è più ampia rispetto alla formulazione originaria della norma;
- non è richiesto alcun rapporto quantitativo (come il “triplo”) tra retribuzione fissa e variabile.
Grazie all’ordinanza n. 26514 del 1 ottobre 2025, la Suprema Corte rafforza, ancora una volta, un orientamento stabile, chiarendo definitivamente la metodologia di calcolo dell’imposta.