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Regime impatriati: riconosciuto solo in presenza di discontinuità lavorativa

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Con la risposta a interpello n. 159 del 28 marzo 2022 l’Agenzia delle Entrate ha sottolineato che è possibile accedere al regime agevolativo unicamente laddove le condizioni oggettive del nuovo contratto (quali la prestazione di lavoro, il termine, la retribuzione ecc.) richiedano un nuovo rapporto obbligatorio in sostituzione di quello precedente, con nuove ed autonome situazioni giuridiche cui segua un mutamento sostanziale dell’oggetto della prestazione e del titolo del rapporto.

La risposta a interpello in questione ha ad oggetto l’applicazione del regime impatriati a seguito del rientro in Italia dopo aver prestato attività lavorativa all’estero in posizione di distacco.

Condizioni per l’accesso al regime

L’art. 16 del decreto internazionalizzazione, come modificato dal decreto crescita, stabilisce che, per beneficiare del regime speciale per lavoratori impatriati, è necessario che il lavoratore:

  • Trasferisca la propria residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell’art. 2 del TUIR;
  • Non sia stato residente in Italia nei due periodi d’imposta antecedenti al trasferimento e si impegni a risiedere in Italia per almeno 2 anni;
  • Svolga l’attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano.

La posizione assunta dall’Agenzia delle Entrate

Detto articolo 16 non disciplina esplicitamente la posizione del soggetto distaccato all’estero che rientra in Italia. Sul punto, la circolare 23 maggio 2017, n. 17/E, Parte II, paragrafo 3.1, ha chiarito, tuttavia, che i soggetti che rientrano in Italia dopo essere stati in distacco all’estero non possono fruire del beneficio di cui al citato articolo 16 in considerazione della situazione di continuità con la precedente posizione lavorativa in Italia.

Con risoluzione 5 ottobre 2018, n. 76/E, è stato poi precisato che la posizione restrittiva adottata nella circolare n. 17/E del 2017, finalizzata ad evitare un uso strumentale dell’agevolazione in esame, non in linea con la vis attrattiva della norma, non preclude, comunque, la possibilità di valutare specifiche ipotesi in cui il rientro in Italia non sia conseguenza della naturale scadenza del distacco ma sia determinato da altri elementi funzionali alla ratio della norma agevolativa. Ciò si può verificare, ad esempio, nelle ipotesi in cui:

  • il distacco sia più volte prorogato e, la sua durata nel tempo, determini quindi un affievolimento dei legami con il territorio italiano e un effettivo radicamento del dipendente nel territorio estero;
  • il rientro in Italia del dipendente non si ponga in “continuità” con la precedente posizione lavorativa in Italia; il dipendente, pertanto, al rientro assume un ruolo aziendale differente rispetto a quello originario in ragione delle maggiori competenze ed esperienze professionali maturate all’estero.

In tali ipotesi, in presenza di tutti gli elementi richiesti dall’articolo 16 del decreto legislativo n. 147 del 2015, si ritiene, infatti, che le peculiari condizioni di rientro dall’estero del dipendente, rispondendo alla ratio della norma, non precludano al lavoratore in posizione di distacco l’accesso al beneficio previsto dal citato articolo 16.

Ad integrazione di ciò, con circolare 28 dicembre 2020, n. 33/E, paragrafo 7.1, è stato precisato che il beneficio fiscale in esame non spetta nell’ipotesi di distacco all’estero con successivo rientro, in presenza del medesimo contratto e presso il medesimo datore di lavoro.

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Riferimenti Normativi

Risposta n. 159/2022 dell'Agenzia delle Entrate

Fonte

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