La Risposta n. 290 del 2025 dell’Agenzia delle Entrate affronta un tema di particolare rilevanza nella fiscalità internazionale delle persone fisiche: il trattamento fiscale, in Italia, dell’importo percepito dall’erede residente a titolo di liquidazione di un fondo pensione statunitense intestato al de cuius, anch’egli cittadino italiano-statunitense residente negli USA al momento del decesso.
La questione si inserisce in un quadro complesso, in cui si intrecciano profili di diritto successorio internazionale, disciplina dei redditi da pensione e rapporti tra normativa interna e Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Stati Uniti.
Il fatto in oggetto
L’Istante, fiscalmente residente in Italia, è l’unica erede di un cittadino con doppia cittadinanza italiana e statunitense, residente negli USA fino al decesso avvenuto nel 2021. L’asse ereditario è composto da:
- beni ubicati negli Stati Uniti, assoggettati a imposta di successione statale statunitense dell’1%;
- un conto pensionistico individuale volontario alimentato da versamenti del defunto (de cuius), gestito da una società statunitense, e soggetto a una distribuzione minima annuale (RMD) tassata negli USA con una ritenuta del 30%.
Nel 2024 è stata effettuata a favore dell’erede una liquidazione finale del fondo pensione, soggetta a ritenuta statunitense del 10%. L’importo e la trattenuta fiscale sono stati indicati nel Modello 1042-S, emesso dalla società di gestione del Fondo pensione, con il codice 15 che ricomprende “pensioni, redite, assegni alimentari e/o premi assicurativi”.
In base a quanto esposto, l’Istante chiede se la somma debba essere tassata in Italia come liquidazione di un fondo di accantonamento di risparmio — e quindi come reddito di capitale ai sensi degli articoli 44 e 45 del TUIR — oppure come pensione, rientrando così tra i redditi equiparati a quelli di lavoro dipendente ai sensi dell’articolo 49, comma 2, lett. a), del TUIR.
L’Istante chiede altresì chiarimenti sulla base imponibile e l’effetto della ritenuta estera.
La posizione dell’erede
L’Istante ipotizza la qualificazione della somma quale reddito di capitale. In tale ipotesi, sarebbe imponibile esclusivamente l’eventuale plusvalenza maturata tra la data di apertura della successione e la data di liquidazione. Tuttavia, poiché tale differenza risulta negativa, non si configurerebbe alcun reddito imponibile in Italia.
La risposta dell’Agenzia delle Entrate
Qualificazione reddituale: reddito di lavoro dipendente
L’Agenzia esclude la tesi dell’erede e qualifica la somma quale pensione e, quindi, assimilabile ai redditi di lavoro dipendente, ai sensi dell’art. 49, comma 2, lett. a), TUIR. Per sostenere la propria tesi, l’Agenzia richiama:
- la Risposta n. 229, 27 novembre 2024, la quale prevede che “costituiscono, altresì, redditi di lavoro dipendente: a) pensioni di ogni genere e gli assegni ad esse equiparati”;
- la Circolare 21/E/2020, secondo cui rientrano nella nozione fiscale di “pensioni di ogni genere” anche le prestazioni erogate una tantum, comprese le capitalizzazioni di fondi pensione esteri, anche se alimentati da contributi volontari.
La volontarietà del fondo non esclude, pertanto, la natura pensionistica della prestazione.
Regime impositivo in capo all’erede: tassazione separata
In virtù dell’art. 7, comma 3, TUIR:
- i redditi che sarebbero stati imponibili in capo al de cuius devono essere assoggettati a tassazione separata quando percepiti dagli eredi;
- la base imponibile è costituita dall’importo lordo percepito, comprensivo della ritenuta estera.
La rilevanza della Convenzione Italia–USA
Dopo aver definito il trattamento interno, l’Agenzia passa all’analisi del diritto pattizio, in particolare della Convenzione tra l’Italia e gli Stati Uniti contro le doppie imposizioni, ratificata con legge 3 marzo 2009.
La Convenzione Italia-USA rileva nella misura in cui la liquidazione del fondo pensione, corrisposta all’erede residente in Italia e imponibile nel territorio italiano, è già stata assoggettata negli Stati Uniti a una ritenuta del 10%. Si pone, dunque, la questione di individuare quale dei due Stati detenga il potere impositivo in relazione a tale somma.
Gli articoli che vengono in rilievo sono l’art. 18 (pensioni) e l’art. 22 (altri redditi).
Inapplicabilità dell’art. 18 (Pensioni)
L’art. 18 della Convenzione al paragrafo 1 prevede che le pensioni per cessato impiego siano tassate esclusivamente nello Stato di residenza del percettore. I commi successivi prevedono altre categorie di reddito, le quali, tuttavia, non risultano applicabili alla fattispecie in esame. In particolare, l’Agenzia precisa che le somme derivanti da un fondo volontario statunitense non rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo, non essendo riconducibili a pensioni da lavoro dipendente.
Applicabilità dell’art. 22 (Altri redditi)
Secondo l’Agenzia, la prestazione rientra invece nell’art. 22, par. 1 secondo cui “gli elementi di reddito di un residente di uno Stato contraente, qualunque ne sia la provenienza, che non sono stati trattati negli articoli precedenti della presente Convenzione sono imponibili soltanto in questo Stato”.
Ai senti dell’art. 22 dunque, la tassazione è esclusiva dello Stato di residenza del percettore, cioè in Italia.
Conseguentemente:
- gli Stati Uniti non avrebbero dovuto effettuare alcuna ritenuta;
- l’erede può richiedere il rimborso della ritenuta alle autorità fiscali federali USA e, in caso di rigetto di tale istanza, ricorrere alle disposizioni di cui all’articolo 25, paragrafo 1, del trattato internazionale in materia di “Procedura amichevole” al fine di evitare una doppia imposizione.
Tale presa di posizione si inserisce in un orientamento ormai consolidato dell’Agenzia delle Entrate, volto a ricondurre nell’ambito dei redditi pensionistici tutte le prestazioni riferibili a forme previdenziali estere, anche quando volontarie e corrisposte in un’unica soluzione.
Ne deriva l’esigenza, per i residenti fiscali italiani titolari o beneficiari di fondi pensione esteri, di un’attenta verifica delle disposizioni convenzionali applicabili, così da prevenire fenomeni di doppia imposizione generati da ritenute estere in violazione dei trattati internazionali.