La successione internazionale rappresenta un istituto complesso del diritto. In essa si intrecciano le norme di più ordinamenti giuridici e le regole fiscali dei diversi Stati coinvolti. Quando un defunto possiede beni, immobili o diritti reali situati all’estero, o quando gli eredi risiedono in Paesi differenti, è necessario determinare:
- quale sia la legge applicabile;
- quale giudice abbia competenza;
- come debba essere gestita la relativa tassa di successione.
In Italia, l’imposta di successione è disciplinata dal D.Lgs. 346/1990, ovvero il Testo Unico sulle successioni e donazioni, e dal Regolamento (UE) n. 650/2012 (per cui si rimanda all’infosheet dedicato) che ha introdotto il certificato successorio europeo per agevolare il riconoscimento delle successioni transfrontaliere all’interno dell’Unione Europea (con l’eccezione di Regno Unito, Irlanda e Danimarca, che continuano ad applicare le proprie normative nazionali).
Quando si paga la tassa di successione?
L’articolo 2 del Testo Unico sulle Successioni e Donazioni (TUSD) distingue due regimi impositivi per determinare la tassa di successione. Essi si basano sulla residenza fiscale del defunto (de cuius) al momento del decesso.
Tassa di successione in caso di De cuius residente in Italia
Si consideri il caso di un cittadino italiano, residente a Modena, deceduto lasciando:
- un appartamento a Modena;
- un conto corrente in Germania;
- titoli finanziari detenuti presso un intermediario lussemburghese.
- Eredi: il figlio, residente stabilmente in Argentina, e la coniuge, residente in Italia.
In questa ipotesi, si applica il principio della tassazione mondiale (worldwide taxation). Pertanto, l’imposta di successione italiana comprenderà sia i beni situati in Italia sia quelli detenuti all’estero. Tuttavia, qualora su questi ultimi venga applicata un’imposta di successione nello Stato estero (ad esempio, in Germania o in Lussemburgo), gli eredi potranno beneficiare del credito d’imposta previsto dall’art. 26 del TUSD.
La circostanza che uno dei beneficiari risieda fiscalmente all’estero non incide sull’ambito di applicazione dell’imposta di successione. L’erede residente in Argentina sarà, quindi, tenuto al versamento dell’imposta di successione dovuta sui beni ereditati in Italia (per il tramite di un rappresentante fiscale in Italia, se necessario).
Imposta di successione in caso di De cuius residente all’estero con beni situati in Italia e all’estero
Si ipotizzi il caso di un cittadino francese, fiscalmente residente a Parigi, deceduto lasciando:
- un immobile situato in Toscana;
- un conto corrente bancario in Italia;
- ulteriori beni mobili e immobili detenuti in Francia e in Spagna.
In tale ipotesi, trova applicazione il principio di territorialità, con imposta di successione calcolata con riferimento ai soli beni e diritti presenti nel territorio dello Stato (vale a dire l’immobile toscano e il conto corrente italiano). L’obbligazione tributaria, in questo caso, grava sui beneficiari (anche se residenti all’estero). Di conseguenza, l’Agenzia delle Entrate potrà esercitare la propria potestà impositiva limitatamente ai beni localizzati in Italia.
I beni ubicati in Francia e Spagna restano estranei al prelievo fiscale italiano, essendo tassabili, se del caso, secondo le norme interne dei rispettivi Stati.
È importante precisare che la tassa di successione non è legata a un periodo d’imposta, ma insorge in un preciso istante, ossia al momento della morte del soggetto, come ribadito dall’Agenzia delle Entrate nella Circolare n. 34/E/2022. L’Agenzia specifica che l’imposta di successione debba essere corrisposta in occasione di ciascun conferimento di beni e diritti, ovvero all’apertura della successione (c.d. tassazione “in entrata”).
Beni considerati esistenti in Italia ai fini della tassa di successione
Ai fini della determinazione dell’imposta di successione, l’articolo 2, comma 3 del TUSD individua i beni e i diritti che si considerano comunque esistenti nel territorio dello Stato, anche indipendentemente dalla residenza del defunto. Si tratta, in particolare, di:
a) i beni e i diritti iscritti in pubblici registri dello Stato e i diritti reali di godimento ad essi relativi;
b) le azioni o quote di società, nonché le quote di partecipazione in enti diversi dalle società, che hanno nel territorio dello Stato la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale;
c) le obbligazioni e gli altri titoli in serie o di massa diversi dalle azioni, emessi dallo Stato o da società ed enti di cui alla lettera b);
d) i titoli rappresentativi di merci esistenti nello Stato;
e) i crediti, le cambiali, i vaglia cambiari e gli assegni di ogni specie, se il debitore, il trattario o l’emittente è residente nello Stato;
f) i crediti garantiti su beni esistenti nello Stato fino a concorrenza del valore dei beni medesimi, indipendentemente dalla residenza del debitore;
g) i beni viaggianti in territorio estero con destinazione nello Stato o vincolati al regime doganale della temporanea esportazione.
Calcolo dell’imposta di successione e donazione
L’articolo 7 del TUSD stabilisce le aliquote e le relative franchigie da applicare per determinare l’imposta di successione o donazione. Le percentuali variano in base al grado di parentela tra il beneficiario e il soggetto da cui proviene il trasferimento:
- 4%, si applica ai trasferimenti effettuati a favore del coniuge o dei parenti in linea retta (genitori, figli, nonni, nipoti, ecc.), calcolata sulla parte di valore netto che eccede, per ciascun beneficiario, 1 milione di euro;
- 6%, riguarda i trasferimenti destinati a fratelli e sorelle, da applicare sulla quota di valore netto che supera, per ciascun erede o donatario, 100.000 euro;
- 6%, si applica anche ai trasferimenti a parenti fino al quarto grado e affini in linea collaterale fino al terzo grado, calcolata sull’intero valore netto trasferito, senza alcuna franchigia;
- 8%, infine, per i trasferimenti in favore di soggetti estranei alla famiglia (ossia diversi da quelli sopra indicati), l’imposta si determina sull’intero valore netto trasferito, privo di franchigia.
Per i trasferimenti in favore di persone con disabilità aventi diritto a sostegno intensivo (articolo 3, comma 3, legge 104/1992), è prevista una franchigia di 1,5 milioni di euro, cioè l’imposta di successione si applica esclusivamente sul valore eccedente tale ammontare.
Novità: doppia franchigia
Di recente, la Commissione Tributaria Provinciale di Firenze, con la sentenza n. 157/2022, ha stabilito che il cumulo tra il valore attualizzato delle donazioni effettuate in vita e la massa ereditaria deve considerarsi del tutto abrogato. Ne consegue che esistono due franchigie distinte e autonome: una per l’imposta sulle donazioni e una per l’imposta di successione. Tale orientamento era già stato affermato dalla Corte di Cassazione con le sentenze n. 2273/2020 e n. 10255/2020.
Questa prassi è stata inoltre positivizzata dal D.Lgs 139/2024. Esso trova applicazione per le successioni apertesi a partire dal 1° gennaio 2025: il contribuente è ora tenuto ad autoliquidare l’imposta in sede di compilazione della dichiarazione di successione. L’importo relativo all’imposta di successione va corrisposto entro 90 giorni dal termine di presentazione della dichiarazione.
Vantaggio imprenditoriale: quando non si paga la tassa di successione o donazione
Il Decreto Legislativo n. 139/2024 (per cui si rimanda alla news dedicata) ha recepito le raccomandazioni della Commissione Europea n. 94/1069/CE del 1994 e n. 98/C 93/02 del 1998. Quest’ultime invitavano gli Stati membri a ridurre il carico fiscale, sia per quanto riguarda i trasferimenti diretti sia per quelli indiretti di aziende e rami d’azienda.
In questo contesto, il decreto n. 139/2024 ha introdotto un regime fiscale di vantaggio per il passaggio generazionale d’impresa, ovvero per successione mortis causa, oppure per donazione, patto di famiglia e trust.
L’articolo 3, comma 4 ter del TUSD come modificato dal decreto n. 139/2024, dispone che non sono soggetti all’imposta di successione e donazione i trasferimenti (effettuati anche tramite i patti di famiglia di cui agli articoli 768 bis e seguenti del Codice civile) a favore dei discendenti e del coniuge, di aziende o rami di esse, di quote sociali e di azioni.
La norma prevede tre fattispecie:
| Donazione | Beneficiari | Stati coinvolti | Continuità delle operazioni |
| Trasferimento di partecipazioni di società di capitali | discendenti in linea retta, legittimi o naturali, il coniuge del dante causa | UE/SEE/ White list | 5 anni |
| Trasferimento di partecipazioni in società di persone | discendenti in linea retta, legittimi o naturali, il coniuge del dante causa | UE/SEE/ White list | 5 anni |
| Trasferimento di aziende o rami di azienda | discendenti in linea retta, legittimi o naturali, il coniuge del dante causa | UE/SEE/ White list | 5 anni |
Inoltre, il legislatore è intervenuto ribadendo che il requisito dello svolgimento dell’attività d’impresa attiene solo ai trasferimenti di azienda, non a quelli di partecipazione. Non è più quindi richiesto che le quote siano di una società operativa. In questo senso, il passaggio generazionale di una holding pura, una società immobiliare di mero godimento o una società semplice, gode dell’esenzione, purché siano rispettati i requisiti stabiliti dalla legge.
Il beneficiario si impegna al rispetto del requisito temporale tassativo di cinque anni. Si impegna inoltre alla continuità delle operazioni attraverso dichiarazione formale sottoscritta al momento della successione o della donazione, pena la decadenza del regime agevolato dell’imposta di successione.
Come evitare la doppia tassazione di successione
Per quanto riguarda gli aspetti fiscali della successione internazionale in relazione alla tassa di successione, questi sono stati armonizzati dal Regolamento (UE) n. 650/2012. Continuano però ad applicarsi le leggi nazionali dei singoli Stati e le eventuali convenzioni bilaterali sottoscritte tra di essi. Per evitare la doppia imposizione legata al bene del de cuius, infatti, l’Italia ha stipulato sette accordi bilaterali secondo il Modello di Convenzione OCSE con i seguenti Paesi: Stati Uniti d’America, Svezia, Grecia, Gran Bretagna, Danimarca, Israele e Francia (quest’ultima concerne sia l’imposta di successione sia quella di donazione).
Nel contesto della successione transfrontaliera si verificano spesso situazioni di doppia imposizione. Ciò può accadere, per esempio, nei seguenti casi:
- quando lo Stato estero in cui si trova il bene applica il principio della lex rei sitae. Il Regno Unito applica l’Inheritance Tax del 40% su tutto il patrimonio, ovunque situati, come stabilito dall’UK Finance Bill 2025;
- quando lo Stato estero adotta il criterio della worldwide taxation. Ovvero applica l’imposta anche ai beni esteri quando l’erede o il donatario sia residente in quel Paese. Ciò accade in Francia o Germania.
In mancanza di un trattato internazionale contro la doppia imposizione, tale problema può essere risolto attraverso il credito d’imposta. Come stabilito dall’art. 26, comma 1, lett. b), del D.Lgs. n. 346/1990.
Quando il fisco estero diventa un’agevolazione in Italia
Ai sensi del comma 1, lett. b) dell’art. 26 del TUSD, infatti, dall’imposta si detraggono “le imposte pagate ad uno Stato estero, in dipendenza della stessa successione ed in relazione a beni esistenti in tale Stato, fino a concorrenza della parte dell’imposta di successione proporzionale al valore dei beni stessi, salva l’applicazione di trattati o accordi internazionali”.
Tale norma dispone che dall’ammontare dell’imposta di successione dovuta in Italia deve essere detratto l’importo delle imposte pagate all’estero in relazione ai beni situati in quello Stato. La detrazione è ammessa fino a concorrenza della parte d’imposta italiana proporzionale al valore dei medesimi beni. Salvo, ovviamente, quanto previsto da eventuali trattati o accordi internazionali. Al fine di beneficiare del credito:
- l’imposta estera deve avere una similitudine con una imposta nazionale;
- i beni devono essere situati all’estero;
- vi deve essere un effettivo adempimento fiscale dell’imposta all’estero.
In sintesi, la successione internazionale richiede un attento coordinamento tra norme interne e sovranazionali. L’obietto individuare correttamente la legge applicabile, la competenza e le imposte dovute. Le recenti riforme puntano a:
- semplificare gli adempimenti;
- favorire la continuità familiare delle imprese e garantire equità fiscale;
- prevenire i fenomeni di doppia imposizione.
In tale contesto, il regime successorio italiano risulta spesso più vantaggioso sotto il profilo fiscale e gestionale, rendendo auspicabile una pianificazione patrimoniale e testamentaria radicata in Italia.
Novità 2026
In conclusione, si segnala che il decreto legislativo 1° agosto 2025, n. 123 è intervenuto in maniera significativa sulla disciplina successoria, con particolare riferimento al Testo unico delle successioni e donazioni (d.lgs. 346/1990), al fine di aggiornarne il contenuto e renderlo maggiormente coerente con l’attuale contesto normativo ed economico.
Il decreto entrerà in vigore il 1° gennaio 2026.
Le novità di maggior rilievo, in quanto destinate ad incidere concretamente sulla pianificazione successoria dei contribuenti, saranno oggetto di un approfondimento in un articolo dedicato.