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Responsabilità penale della società multinazionale o con sede all’estero per fatto accaduto in Italia

La responsabilità penale dell’ente ex D.lgs. 231/2001 opera anche per la multinazionale o la società con sede all’estero in ipotesi di illecito penale commesso in Italia.

Indice dei Contenuti

Di fronte al sempre maggiore fenomeno della internazionalizzazione delle imprese e dell’economia, appare importante sottolineare come, secondo una ormai consolidata giurisprudenza di merito e della Cassazione, la circostanza che una multinazionale o comunque una società abbia sede all’estero non esclude che la stessa possa essere incriminata ex D.lgs. 231/2001 per un reato commesso in territorio italiano da proprio soggetto apicale o dipendente.

La responsabilità penale ex D.lgs. 231/2001 non si ferma davanti alla multinazionale con sede all’estero

Alla luce delle premesse sopra citate, ne consegue che, onde non correre il rischio di essere passibile delle gravi sanzioni previste a carico degli enti dal D.lgs. 231/2001, anche la multinazionale o la società con sede legale all’estero che operi nel territorio nazionale italiano dovrà dotarsi di un MOGC 231, ovvero di un modello di organizzazione che valuti e prevenga il verificarsi dei reati presupposto per l’applicazione del D.lgs. 231/2001.

Trattasi di principio assolutamente innovativo e che, presupponendo – come correttamente si è osservato – una sorta di extraterritorialità nella applicazione del D.lgs. 231/2001, potrebbe sfuggire a molte multinazionali o società estere che pur operano nel territorio nazionale italiano.

Responsabilità penale della società con sede all’estero o multinazionale: sanzioni applicabili

Le sanzioni previste dal D.lgs. 231/2001 nel caso in cui venga riconosciuta la responsabilità dell’ente, e che, ricorrendo i presupposti che fra poco espliciteremo, possono dunque colpire anche una multinazionale od una società con sede all’estero, ma operante in Italia, sono particolarmente afflittive e nel dettaglio sono:

  1. la sanzione pecuniaria;
  2. le sanzioni interdittive;
  3. la confisca;
  4. la pubblicazione della sentenza di condanna.

Nello specifico le sanzioni interdittive possono essere:

  1. l’interdizione dall’esercizio dell’attività;
  2. la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito;
  3. il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;
  4. l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi;
  5. il divieto di pubblicizzare beni o servizi.

È importante ricordare che le sanzioni interdittive possono essere applicate anche in via cautelare e, dunque, sin dalla fase delle indagini e durante lo svolgimento del processo, prima, quindi, che sia accertata la responsabilità con sentenza di condanna definitiva.

Le sanzioni pecuniarie possono essere di particolare gravità in quanto l’art. 11 non solo prevede, al comma 1, che

«Nella commisurazione della sanzione pecuniaria il giudice determina il numero delle quote tenendo conto della gravità del fatto, del grado della responsabilità dell’ente nonché dell’attività svolta per eliminare o attenuare le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti»

ma, altresì, al comma 2, che

«L’importo della quota è fissato sulla base delle condizioni economiche e patrimoniali dell’ente allo scopo di assicurare l’efficacia della sanzione.»

In conseguenza, tanto di grandi dimensioni è la multinazionale o l’ente ritenuto responsabile tanto maggiore sarà, verosimilmente, la pena pecuniaria cui andrà soggetto per garantire l’efficacia della sanzione stessa.

I presupposti per l’applicazione del D.lgs. 231/2001 a società straniera o con sede all’estero

Come sopra precisato, una elaborazione giurisprudenziale ormai assolutamente consolidata ha chiarito che il D.lgs. 231/2001 può trovare applicazione anche in danno di società o di multinazionale avente la sede legale all’estero.

Vediamo quali sono i presupposti individuati dalla giurisprudenza per assoggettare anche la società avente sede legale all’estero a detta disciplina normativa.

Secondo Cass. Pen. Sez. IV, 11.02.2020 n. 11626:

«In tema di responsabilità da reato degli enti, la persona giuridica risponde dell’illecito amministrativo derivante da reato presupposto per il quale sussista la giurisdizione nazionale, commesso dai propri legali rappresentanti o soggetti sottoposti all’altrui direzione o vigilanza, a prescindere dalla nazionalità dell’ente o del luogo in cui esso abbia la sede legale, nonché dall’esistenza o meno nello stato di appartenenza di norme che disciplinano analoga materia, anche con riguardo alla predisposizione ed all’efficace attuazione di modelli di organizzativi e di gestione atti ad impedire la commissione di reati di fonte di responsabilità amministrativa ai sensi del D.lgs. 231/2001.»

Pertanto, nel caso in cui sussista la giurisdizione italiana, quindi quando sia commesso, in tutto o in parte, in territorio italiano ai sensi dell’art. 6 c.p. un reato presupposto da parte di soggetto posto in posizione di vertice, ovvero da parte di soggetto sottoposto alla direzione o vigilanza della società estera e nell’interesso ovvero a vantaggio della società estera stessa, si avrà anche la responsabilità penale della società ex D.lgs. 231/2001 a prescindere dal fatto che la società sia estera, abbia la sede legale all’estero ovvero all’estero sia il luogo prevalente di svolgimento dell’attività da parte della società.

La Cassazione, con la pronuncia sopra menzionata, ha dunque definitivamente confermato e fatto proprio un orientamento già consolidato nella giurisprudenza di merito sin dal leading case della pronuncia Trib. Milano 28 ottobre 2004 nel caso Siemens sino alla altrettanto nota Corte App. Firenze, Sez. III,16 dicembre 2019 n. 373, che ha riconosciuto la penale responsabilità di società avente sede all’estero per i delitti di lesioni e omicidio colposo conseguenti alla nota “Strage di Viareggio”.

Detto principio, in combinato disposto con il dettato dell’art. 6 c.p. che fa ritenere operante la giurisdizione italiana tutte le volte in cui sia commessa in Italia anche solo una parte della condotta o dell’evento, rende non certo inverosimile, ma anzi possibile se non probabile che una società o multinazionale estera sia chiamata a rispondere ex D.lgs. 231/2001.

Cosa deve fare la multinazionale o società con sede all’estero per ridurre al minimo i rischi?

Poiché, come noto, ai sensi del D.lgs. 231/2001 è esclusa la penale responsabilità dell’ente che si sia dotato di un adeguato Modello di organizzazione, gestione e controllo (MOGC) ex lege 231/2001, appare evidente come la multinazionale o la società con sede all’estero che tuttavia svolga attività operativa in Italia dovrebbe considerare con la dovuta attenzione l’opportunità di dotarsi di un MOGC ex lege 231/2001, alla luce della consolidata giurisprudenza.

Nel dettaglio dunque:

  1. la società dovrebbe aver adottato un MOGC 231 prima del fatto;
  2. il MOGC 231 dovrebbe contenere una specifica valutazione dei rischi derivanti dalla attività svolta in Italia dal personale della società estera.

Ovviamente non è sfuggito a molti commentatori come per una multinazionale potrebbe essere assai complessa e dispendiosa l’adozione di un vero e proprio MOGC 231, che dovrebbe in ipotesi investire l’intera struttura dell’ente.

Si è dunque osservato che:

«lo stesso decreto 231 non prevede l’adozione di un modello denominato “modello 231” e che sia articolato secondo gli schemi diffusi nella prassi aziendalistica italiana, potendo l’ente almeno in astratto andare esente da sanzione laddove provi la propria diligenza organizzativa anche al di là dell’adozione di un modello, poiché il decreto 231 impone che l’ente si doti di modelli di organizzazione e gestione idonei a prevenire reati della specie di quelli verificatosi. Ciò che importa dunque non è l’adozione di un modello 231 che sia formalmente tale, ma solo che l’ente abbia strutturato un complesso di norme di compliance aziendale interne idonee a mappare e gestire il rischio reato e che quindi siano idonee ad integrare i requisiti della idoneità effettiva alla prevenzione di detto rischio» (F. Torelli, Riv. Trim. Dir. Pen. Econ. 3-4/2020)

In collaborazione con:

Avvocato Enrico Fontana – Studio Legale Fontana, Modena – Italia

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Riferimenti Normativi

DECRETO LEGISLATIVO 8 giugno 2001, n. 231

Fonte

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