Quando si viaggia all’estero, anche per motivi di lavoro, non si può dare per scontato il proprio diritto a ricevere cure mediche statali. Questo vale soprattutto per viaggi al di fuori dell’Unione Europea, in Paesi che non sono convenzionati con l’Italia dal punto di vista sanitario.
Assistenza sanitaria all’estero
In giro per il mondo, sono in vigore molti sistemi di cooperazione volti a garantire l’assistenza sanitaria ai cittadini stranieri, che soggiornano temporaneamente all’estero. L’Unione Europea ha regolamentato questa materia, per far sì che i suoi cittadini, regolarmente assicurati in uno dei Paesi membri, possano usufruire di assistenza medica durante soggiorni temporanei in un altro Stato dell’Unione.
In aggiunta, Paesi in tutto il mondo hanno stipulato convenzioni bilaterali, per facilitare l’accesso all’assistenza medica dei loro rispettivi cittadini che soggiornano temporaneamente in uno dei Paesi, rimanendo assicurati nell’altro.
Nonostante ciò, è altamente probabile che un individuo che soggiorna temporaneamente in un Paese estero in cui non è assicurato, non abbia accesso all’assistenza sanitaria pubblica. Questo avviene qualora tra i due Paesi non sia in vigore alcuna convenzione.
Assistenza sanitaria estera nei Paesi Terzi: la normativa Italiana
Come detto, considerando gli spostamenti al di fuori dell’Unione Europea, è necessario distinguere due scenari differenti. Da una parte, vi è l’assistenza sanitaria in Paesi coi quali vige una convenzione bilaterale. Dall’altra, quella in Paesi coi quali non vige alcuna convenzione. Tra questi, uno dei più rappresentativi sono gli Stati Uniti.
Per maggiori informazioni, consultare la nostra guida sull’assistenza sanitaria in USA per italiani
La prospettiva dei cittadini italiani che soggiornano all’estero riflette questa situazione. Nel primo caso, l’accesso all’assistenza sanitaria estera è regolato dalla convenzione in vigore tra Italia e Paese estero.
Per capire, invece, ciò che si applica nel secondo caso, è necessario fare riferimento all’Art. 1 del Decreto del Presidente della Repubblica (DPR) del 31 Luglio 1980, N.618, che recita come segue:
Assistenza sanitaria estera ai cittadini italiani, ed ai loro familiari aventi diritto, per tutto il periodo della loro permanenza fuori del territorio italiano connesso ad una attività lavorativa, compete allo Stato, che vi provvede nelle forme indicate nel presente decreto […].
Beneficiari dell’assistenza sanitaria estera
L’Art. 1 del DPR 31 Luglio 1980, N.618 stringe il campo dei beneficiari dell’assistenza medica pubblica a coloro che soggiornano all’estero per motivi di lavoro. Dunque, i turisti vengono già esclusi. Tuttavia, è all’interno dell’Art. 2 dello stesso Decreto che si trovano le ulteriori specifiche riguardo alle categorie di beneficiari. Innanzitutto, tale Articolo stabilisce che per godere dell’assistenza sanitaria pubblica durante soggiorni all’estero è necessario essere regolarmente iscritti al Servizio Sanitario Nazionale (SSN).
L’Articolo poi prosegue, elencando le specifiche categorie di iscritti coperti da questa norma. Tralasciando il settore pubblico, e focalizzandoci su quello privato, tali categorie sono le seguenti:
- Cittadini occupati temporaneamente all’estero alle dipendenze o in rapporto di compartecipazione o di associazione con imprese o datori di lavoro;
- Lavoratori autonomi ivi compresi i liberi professionisti, che svolgano all’estero un’attività lavorativa per periodi di tempo limitato;
- Titolari di borse di studio presso Università o fondazioni estere;
- Lavoratori all’estero, temporaneamente disoccupati, sempre che tale condizione risulti da attestazioni rilasciate dai competenti uffici di collocamento dello Stato estero;
- Cittadini temporaneamente all’estero titolari di pensione corrisposta dallo Stato o da istituti previdenziali italiani;
- Familiari dei soggetti di cui ai precedenti numeri che seguano il lavoratore all’estero o lo raggiungano anche per brevi periodi.
Che tipo di assistenza viene garantita
Quella garantita agli individui che rientrano nei criteri sopramenzionati è un’assistenza indiretta. Questo tipo di assistenza prevede che, in caso di necessità di assistenza sanitaria estera, tali individui avranno diritto alle cure, ma dovranno anticiparne le spese.
Successivamente, essi potranno chiederne il rimborso tramite la rappresentanza diplomatica italiana nel Paese in cui hanno ricevuto assistenza. Questa richiesta deve necessariamente essere effettuata entro tre mesi dall’ultima spesa sostenuta per ciascun evento sanitario, secondo una specifica procedura.
Procedura di rimborso: prima della partenza
Il primo step da compiere per poter ottenere il rimborso di eventuali spese mediche sostenute all’estero è la richiesta dell’Attestato per l’Assistenza Sanitaria all’Estero (ex art. 15 del DPR 31 luglio 1980, n. 618). Questa richiesta va effettuata prima della partenza dall’Italia, presso l’ASL competente.
Questo è un passaggio necessario in quanto tale attestato fa parte di una serie di documenti che, in caso si incorra in spese mediche all’estero, deve essere presentata, di persona o in via digitale, alla rappresentanza diplomatica italiana nel Paese estero in questione.
Procedura di rimborso: dopo aver ricevuto assistenza
Di seguito tutti gli altri documenti da presentare alla rappresentanza italiana, in caso si incorra in spese mediche all’estero:
- indicazione della residenza in Italia e della ASL di appartenenza del titolare e dei familiari al seguito
- domanda di rimborso redatta dal titolare dell’assistenza con la data di presentazione e il timbro della rappresentanza ai fini dell’accertamento dei termini di decadenza
- copia dell’ attestato ex art. 15 del DPR 31 luglio 1980, n. 618
- parere motivato del Capo della rappresentanza diplomatica o dell’ufficio consolare circa la congruità dei prezzi, tariffe, onorari del luogo, con il quale venga specificato se l’assistito sia stato costretto a rivolgersi a struttura privata in mancanza o per inadeguatezza di strutture pubbliche
- codice fiscale del titolare dell’assistenza, ovvero del lavoratore
- certificato medico con diagnosi e/o relazione sanitaria
- in caso di ricovero ospedaliero dichiarazione da parte della struttura sanitaria del costo della degenza ordinaria in vigore nella struttura medesima
- documentazione di spesa in originale, rilasciata in conformità con le norme fiscali vigenti nel Paese (fatture, quietanze o ricevute di pagamento) dalla quale risulti la distinta dei singoli costi delle prestazioni
- traduzione in lingua italiana della documentazione qualora quest’ultima sia in lingua diversa da inglese e francese
- domicilio o conto corrente bancario del titolare in Italia, con i relativi codici ABI/CAB e IBAN, come modalità di ricezione del rimborso.
Dopo aver verificato la documentazione, la rappresentanza diplomatica italiana lo trasmette all’ASL territorialmente competente. Quest’ultima, dopo un’ulteriore verifica, predispone il rimborso delle spese mediche. Tuttavia, qualora l’ASL giudichi la richiesta non conforme, la rigetterà, e il rimborso non verrà erogato.
Conclusione
In conclusione, i lavoratori inviati temporaneamente all’estero, in un Paese Terzo non convenzionato con l’Italia, possono comunque beneficiare di una forma di assistenza indiretta.
Nell’organizzazione delle trasferte di lavoro, è necessario valutare i vantaggi di questa possibilità, rispetto, o in aggiunta, all’ottenimento di una forma di assistenza diretta, ad esempio tramite un’assicurazione di viaggio privata.
In questo tipo di valutazione, le condizioni del sistema sanitario pubblico all’estero, nei Paesi in cui si inviano i propri lavoratori, giocano un ruolo fondamentale. Infatti, è importante ricordare come l’assistenza sanitaria indiretta discussa in questo articolo, può essere ottenuta solo per le cure mediche ricevute presso strutture pubbliche. Al contrario, in caso le cure siano ricevute in una struttura privata, non si riceverà alcun rimborso, a meno che la rappresentanza diplomatica italiana in loco non attesti l’inaccessibilità o una palese inadeguatezza delle strutture pubbliche locali.