L’esame della fattibilità relativa al rinnovamento di una raffineria ubicata in Tunisia e l’assistenza nella redazione dei documenti essenziali per la gara d’appalto creano una situazione di doppia imposizione la cui risoluzione richiede l’applicazione delle disposizioni stabilite nel Trattato Internazionale, e collegato Protocollo, siglato tra i due Paesi.
È quanto si legge nella risposta ad interpello n. 118 del 20 gennaio 2023 secondo la quale hanno natura di “canoni”, tassati anche in Tunisia, i compensi pagati dal committente tunisino ad un’impresa italiana, priva di stabile organizzazione nello Stato nordafricano, per studi ingegneristici finalizzati all’ammodernamento di una raffineria.
L’Agenzia ricorda il trattato Italia Tunisia contro la doppia tassazione
Per la soluzione interpretativa fornita dall’Agenzia è rilevante considerare il Protocollo aggiuntivo alla Convenzione vigente tra i due Paesi, il quale estende, alla lettera c), la definizione di “canoni” prevista dall’articolo 12 della stessa Convenzione includendo anche i compensi ricevuti a fronte degli “studi tecnici ed economici a carattere industriale o commerciale”.
In virtù dell’oggetto del contratto stipulato tra la società tunisina e la società italiana, l’Agenzia delle Entrate ha quindi riconosciuto la natura di servizi tecnici delle prestazioni rese dall’impresa italiana, a favore della committente tunisina, sostenendo la correttezza del prelievo operato alla fonte in Tunisia in quanto conforme alle regole convenzionali.
Questo ha un riflesso diretto sulla fiscalità italiana, in quanto le imposte tunisine sono considerate definitive e, conseguentemente, detraibili da quelle italiane ai sensi dell’art. 165 del TUIR. È evidente che adottare un approccio opposto avrebbe portato a possibili controversie con le autorità fiscali italiane, le quali avrebbero potuto contestare la validità del credito in quanto le imposte sarebbero state riscosse all’estero senza soddisfare i requisiti convenzionali necessari.