Con la risposta all’interpello n 683 pubblicata il 7 Ottobre 2021, l’Agenzia delle Entrate ha ribadito che, in caso di rientro dopo il distacco all’estero, il regime impatriati non spetta in assenza del requisito della cosiddetta “discontinuità lavorativa”.
Cosa stabilisce l’Agenzia delle Entrate?
Come ha chiarito l’Agenzia delle Entrate con la risposta all’interpello n. 683, ai lavoratori che rientrano a seguito di distacco all’estero non si applica il regime previsto per lavoratori impatriati (articolo 16, comma 2, Dlgs n. 147/2015) nell’ipotesi di distacco all’estero con successivo rientro in presenza del medesimo contratto e presso il medesimo datore di lavoro.
Come già precisato con la Circolare 33 pubblicata il 28 dicembre 2020, il regime degli impatriati non spetta nell’ipotesi di distacco all’estero con successivo rientro in presenza del medesimo contratto e presso il medesimo datore di lavoro.
Una nuova attività lavorativa può beneficiare del regime agevolato
Nell’ipotesi in cui l’attività lavorativa svolta dal lavoratore impatriato costituisca una “nuova” attività lavorativa a seguito della firma di un nuovo contratto di lavoro diverso dal contratto in essere in Italia prima del distacco, e quindi l’impatriato assuma un ruolo aziendale differente rispetto a quello originario, lo stesso potrà usufruire dei benefici fiscali previsti dal regime per lavoratori impatriati a decorrere dal periodo di imposta in cui ha trasferito la residenza fiscale in Italia.
Casi di non validità del nuovo contratto di lavoro
Al contrario, l’agevolazione non si applica se , pur in presenza di un “nuovo” contratto per l’assunzione di un “nuovo” ruolo aziendale al momento dell’impatrio, rientri in una situazione di continuità con la precedente posizione lavorativa svolta in Italia prima dell’impatrio.