Nel contesto dell’UE, la materia successoria è disciplinata dal Regolamento (UE) n. 650/2012. Questo non abroga le normative nazionali: pertanto, la Legge italiana n. 218/1995 rimane applicabile per gli aspetti non disciplinati dal Regolamento.
Ai sensi dell’art. 46 della Legge n. 218/1995, la successione è regolata dalla legge nazionale del defunto. Di conseguenza, ad esempio, la successione di un cittadino italiano residente in Brasile è soggetta alla legge italiana. Il testatore può tuttavia optare per l’applicazione della legge del Paese di residenza. Tuttavia, tale scelta è inefficace se, al momento della morte, egli non vi risiede più. In ogni caso, la scelta di una legge diversa non può pregiudicare i diritti dei legittimari italiani.
Il Regolamento n. 650/2012
Il Regolamento (UE) n. 650/2012 armonizza la disciplina in materia di successioni transfrontaliere e introduce il Certificato Successorio Europeo (CSE). Il Regolamento si fonda sul principio dell’unità della successione, secondo cui un’unica legge regolatrice deve governare l’intero procedimento successorio. Allo stesso modo, un’unica autorità giurisdizionale deve esserne competente.
A tal fine, introduce criteri armonizzati in materia sia di competenza giurisdizionale sia di legge applicabile, basati, come regola generale, sulla residenza abituale del defunto al momento della morte (cfr. sentenza 7 novembre 2024, causa C-291/23, Corte di Giustizia dell’Unione Europea)
L’obiettivo principale è assicurare che la successione sia disciplinata da una legge prevedibile e strettamente collegata alla vita del de cuius. Si evitano così decisioni contrastanti tra ordinamenti diversi.
La Corte di Giustizia UE ha rimarcato questo principio di unitarietà in varie pronunce. Ha affermato, ad esempio, che il Regolamento “consacra il principio dell’unità della successione, attribuendo competenza a un unico Stato membro per l’intera successione” (cfr. sentenza 12 ottobre 2017, causa C-218/16, Corte di Giustizia dell’Unione Europea)
In tal senso, se la competenza generale spetta a uno Stato membro, una seconda giurisdizione non può arrogarsi la causa invocando l’esistenza in loco di singoli beni ereditari. La competenza del primo foro, infatti, si estende all’intera massa ereditaria (principio di concentrazione).
Legge applicabile
L’articolo 20 Regolamento (UE) n. 650/2012 prevede il principio dell’applicazione universale. Ergo, la legge individuata come applicabile alla successione può appartenere a uno Stato membro dell’UE o a uno Stato terzo.
Se la lex successionis individuata è quella di uno Stato non membro, è necessario verificare l’applicazione del rinvio. Ai sensi dell’articolo 34, qualora le norme di tale ordinamento prevedano un rinvio, ossia un rinvio alla legge di uno Stato membro o alla legge di un altro Stato terzo che, a sua volta, applicherebbe la propria legge nazionale alla successione, tale rinvio deve essere conforme ai principi di compatibilità internazionale.
Regola generale: la residenza abituale
L’articolo 21 stabilisce che “la legge applicabile all’intera successione è quella dello Stato in cui il defunto aveva la propria residenza abituale al momento della morte. Se, in via eccezionale, dal complesso delle circostanze del caso concreto risulta chiaramente che, al momento della morte, il defunto aveva collegamenti manifestamente più stretti con uno Stato diverso da quello della residenza abituale, la legge applicabile alla successione è la legge di tale altro Stato”.
Ai sensi del considerando 23 e successivi, la residenza abituale si accerta tramite una valutazione complessiva delle “circostanze di vita del defunto negli anni precedenti la morte e al momento della morte, che tenga conto di tutti gli elementi fattuali pertinenti, in particolare la durata e la regolarità del soggiorno del defunto nello Stato interessato nonché le condizioni e le ragioni dello stesso. La residenza abituale così determinata dovrebbe rivelare un collegamento stretto e stabile con lo Stato interessato tenendo conto degli obiettivi specifici del presente regolamento”.
In alcuni casi è difficile determinare la residenza abituale del defunto. Per esempio, se questi viveva all’estero per lavoro ma manteneva legami familiari e sociali forti con il Paese d’origine. In tali situazioni, la residenza abituale può ritenersi ancora nello Stato d’origine. Analogamente, se il defunto ha vissuto in più Stati senza stabilirsi in modo permanente, si considerano elementi come cittadinanza o localizzazione dei beni principali.
In casi eccezionali, se il trasferimento nello Stato di residenza abituale è avvenuto poco prima della morte e i legami più stretti sono con un altro Stato, la legge applicabile alla successione può essere quella di quest’ultimo. Tuttavia, tale criterio va usato solo eccezionalmente.
La professio iuris: scelta della legge applicabile da parte del testatore
Il Regolamento introduce un’importante novità. Trattasi del diritto del testatore di scegliere la legge che regolerà la propria successione. L’articolo 22 consente infatti la professio iuris successoria, permettendo di designare la legge dello Stato di cui si possiede la cittadinanza al momento della scelta o della morte. In caso di doppia cittadinanza, si può optare per una qualsiasi delle leggi nazionali.
Questa possibilità, da esercitare tramite testamento, rappresenta un utile strumento di pianificazione successoria. Ciò vale soprattutto per chi ha legami con più Paesi o patrimoni in diverse giurisdizioni.
Tuttavia, la libertà di scelta non è assoluta. La legge eletta deve corrispondere a una cittadinanza effettiva e riguardare l’intero ordinamento statale, salvo i casi di sistemi pluri legislativi, come Spagna, Canada, USA, Brasile ecc., in cui è ammessa la scelta di una specifica unità territoriale (art. 36). La scelta ha efficacia solo in futuro e si applica al momento dell’apertura della successione, purché la disposizione sia validamente formulata e rispetti i requisiti di forma e di sostanza previsti dal diritto internazionale privato.
La professio iuris può permettere al cittadino di scegliere una giurisdizione, nel rispetto dei requisiti supra menzionati, che gli permetta di ottenere una pianificazione patrimoniale efficace.
I patti successori nel diritto internazionale privato europeo
Nell’ordinamento italiano vige il divieto dei patti successori, siano essi istitutivi, dispositivi o rinunziativi.
- Il patto successorio istitutivo è il contratto mediante il quale una persona dispone della propria successione per il tempo in cui avrà cessato di vivere.
- Il patto successorio dispositivo consiste nell’atto con cui un soggetto dispone di diritti che potrebbero derivargli da una successione altrui non ancora aperta.
- Il patto successorio rinunziativo è l’accordo con cui una persona rinuncia preventivamente ai diritti che le potrebbero spettare su una successione altrui futura.
Il Regolamento (UE) 650/2012 tuttavia li riconosce come strumenti validi, poiché ammessi nella maggior parte dei Paesi europei. Ai sensi del regolamento, il patto successorio è regolato dalla legge che si sarebbe applicata se l’evento morte fosse sopravvenuto il giorno della conclusione del patto, che, ai sensi dell’art. 21 del Regolamento, corrisponde alla legge dello Stato di residenza abituale.
Qualora, poi, il patto successorio sia concluso tra più de cuius, il contratto è ammesso nella misura in cui tutte le leggi astrattamente applicabili (ossia quelle che si sarebbero applicate se l’evento morte fosse sopravvenuto il giorno della conclusione del patto) lo ammettano. Ciò consente, ad esempio, che un patto tra un cittadino tedesco e uno italiano possa essere soggetto alla legge tedesca, valida per i patti successori, superando i divieti italiani. Questa flessibilità, senza modificare le leggi nazionali, favorisce la pianificazione successoria, pur senza obbligare gli Stati a riconoscere pienamente il patto successorio.
Il Certificato Successorio Europeo (CSE)
In termini pratici, il CSE è uno strumento normativo burocratico non obbligatorio di lex europea. Esso punta a ottimizzare e migliorare il grado di certezza nell’identificazione degli eredi e delle quote ereditarie in tutto il territorio del continente europeo.
Il CSE può essere richiesto da chi ha la necessità di dimostrare la propria qualità di:
- erede;
- legatario,
- esecutore testamentario;
- amministratore dell’eredità.
La richiesta va presentata presso il Tribunale o l’autorità competente dello Stato membro che si occupa della successione.
In Italia, come stabilito dall’articolo 32 della Legge n. 161/2014, il rilascio del Certificato Successorio Europeo è di competenza del notaio.
Perché è utile il CSE?
Esso consente di ottenere il riconoscimento del proprio status di erede anche all’estero, senza ulteriori procedure di convalida o riconoscimento.
Con il CSE, diventa più semplice:
- accedere ai conti bancari intestati al defunto in altri Paesi UE;
- amministrare i beni ereditari situati oltre confine;
- riscuotere somme o titoli;
- eseguire legati o obbligazioni previsti dal testamento;
- intraprendere azioni legali per tutelare l’eredità.
In sintesi, il CSE è un documento pratico e riconosciuto in tutta l’UE. Semplifica e velocizza le successioni internazionali, riducendo tempi e costi.
Grazie al possesso del certificato, sarà possibile superare i confini nazionali senza alcun procedimento speciale. Non sarà necessario esperire alcuna procedura per farsi riconoscere come erede. Inoltre, l’attestato agevola e facilita:
- la richiesta della consistenza bancaria;
- l’incasso di somme intestate al defunto;
- l’amministrazione dei beni ereditari;
- il pagamento dei legati di cui l’erede è onerato;
- l’avvio di azioni a tutela dell’eredità.
Per un approfondimento più dettagliato, si rimanda all’articolo dedicato.