Con la sentenza nella causa C-181/23, la Corte di Giustizia europea si è di recente espressa circa la possibilità di uno stato membro di concedere la propria cittadinanza a cittadini terzi a fronte di un investimento diretto.
La cittadinanza maltese per investimento
Nel luglio 2020, Malta ha implementato il cosiddetto programma di “cittadinanza tramite investimento”. Si è trattato di una nuova normativa che stabiliva le modalità di acquisizione della cittadinanza maltese a fronte di un investimento diretto del richiedente.
In virtù di tale legge, gli investitori stranieri potevano ottenere il passaporto maltese. Di conseguenza, potevano ottenere la cittadinanza europea, in cambio di un investimento che rispecchiasse alcuni requisiti economici. La naturalizzazione poteva avvenire anche in mancanza di un vincolo effettivo del richiedente con Malta. Questo è diverso dalle procedure europee standard di ottenimento della cittadinanza. Infatti, la maggior parte dei paesi europei concede la cittadinanza per nascita, per residenza continuativa oppure attraverso il principio dello ius sanguinis.
La Commissione ha ritenuto che tale normativa rappresenti una violazione delle norme relative alla cittadinanza dell’Unione Europea. Pertanto, ha proposto un ricorso contro Malta dinanzi alla Corte di Giustizia.
Sentenza della Corte di Giustizia
Con la sentenza pronunciata il 29 aprile 2025, la Corte ha in primis ricordato che la scelta dei requisiti per la concessione della cittadinanza rientra nella competenza nazionale di ogni stato membro. Tuttavia, tali decisioni devono essere esercitate nel rispetto del diritto comunitario.
La cittadinanza dovrebbe basarsi su una relazione di solidarietà, fedeltà e reciprocità dei diritti e doveri tra lo stato e i suoi cittadini. Infatti, la cittadinanza europea garantisce anche la libertà di movimento all’interno di uno spazio comune di sicurezza e giustizia. Tale spazio comune si basa sul principio di fiducia reciproca tra gli stati. Pertanto, sotto il principio di cooperazione, ogni stato membro deve astenersi da decisioni che mettano in pericolo gli obiettivi comuni dell’Unione.
In conclusione, se uno stato concede la cittadinanza come contropartita di un investimento o di un pagamento predeterminato, esso viola tali principi.
La concessione della cittadinanza tramite una transazione commerciale è infatti incompatibile con i principi e con la concezione di cittadinanza definita dai trattati dell’Unione. Pertanto, la Corte ha ritenuto che esso costituiva una violazione dei principi dell’Unione.